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giovedì 28 aprile 2011

Allergia? No, è stress

La mente umana è in grado di attuare inganni molto sottili: le reazioni allergiche possono essere causate da stress e nervosismo. L'origine endogena delle malattie apre molte riflessioni sul potere, in parte sconosciuto, della psiche.

La mente umana è in grado di attuare inganni molto sottili: le reazioni allergiche possono essere causate da stress e nervosismo. L'origine endogena delle malattie apre molte riflessioni sul potere, in parte sconosciuto, della psiche.
Così avviene che alcune forme di dermatiti, ma anche l’asma, siano generati dalla psiche dopo momenti di particolare stress. Lo sostiene il professor Floriano Bonifazi, presidente Ifiaci (Federazione italiana delle società immunoallergologiche) e direttore del Dipartimento di medicina interna e malattie immunoallergologiche degli ospedali Riuniti di Ancona. Lo specialista ha recentemente esposto la scoperta, avvalorata da dati scientifici, in occasione di un convegno di Federasma, tenutosi a Roma. Esiste un legame tra gli stati d’ansia e le alterazioni del sistema immunitario, da questo deriva che alterazioni psichiche come stress, depressione, ansia, siano in grado di inferire sul sistema immunitario e generare una iperattività delle difese interne.

In effetti, che esista una continuità tra mente e corpo è cosa nota da millenni per i medici cinesi. Secondo la Medicina Tradizionale Cinese non esiste una effettiva separazione tra i due aspetti dell’essere, ma ogni manifestazione corporea corrisponde ad un disequilibrio dell’energia interiore. Lo spiega la dottoressa Gabriella Pravatà, dermatologa specialista in agopuntura e MTC, e presidente del Centro Studi Medicina Integrata di Palermo. “L’energia vitale Qi, base della vita, circola in appositi canali conosciuti comunemente come meridiani e luoghi di intervento terapeutico, attraverso la pelle, di agopuntura, moxa, ed altre tecniche”. Su questo equilibrio possono infierire fattori interni come la frustrazione, il panico, il nervosismo, in grado di generare patologie, che il più delle volte si manifestano sulla pelle, la parte più esterna e visibile di tutto l’organismo.

La diagnosi esatta dell’origine dello stato allergico è complicata dalla moltitudine di variabili che entrano in gioco, mettendo in crisi il sistema immunitario. Polvere, peli di animali, pollini sono gli allergeni più diffusi, ma crescono anche le allergie di origine alimentare e da veleno di insetti. Secondo i dati diffusi da Federeasma, sono 10 milioni, in Italia, gli allergici e 3 milioni gli asmatici con un incidenza crescente nella popolazione, in particolare di bambini e giovani. Il popolo degli allergici è al terzo posto nella stima delle malattie croniche del Paese. Un emergenza sottostimata, commenta il dottor Bonifazi, se si pensa che ancora molte regioni non trattano con l’adeguato riguardo queste patologie.

Copyright Nexta Media
Laura Di Maria

TRATTO DA http://www.fastweb.it/portale/canali/per-lui/salute-ed-eros/contenuti/articolo/?id=7640697

martedì 19 aprile 2011

ANORESSIA - ANOREXIA




“L'anoressia è la punta dell'iceberg, il sintomo di una sofferenza che ha cause psicologiche. Per questa ragione non può essere aggredito: è necessario invece cercare le cause senza tuttavia perdere di vista la gravità dei risvolti che possono mettere a rischio la vita. Il sintomo non viene soppresso ma si diluisce fino a scomparire solo quando la persona non sente più la necessità di adottare i comportamenti che ha dovuto cercare e usare come soluzione, quando riesce a esprimere e vivere i suoi sentimenti, quando a dispetto delle difficoltà trova dentro di sé gli strumenti per far fronte alla vita e alla sofferenza che ne è parte”
(Fabiola De Clercq -1995-, Donne invisibili, Bompiani).

ANORESSIA E BULIMIA

I disordini alimentari, di cui anoressia e bulimia nervosa sono le manifestazioni più note e frequenti, sono diventati nell’ultimo ventennio una vera e propria emergenza di salute mentale per gli effetti devastanti che hanno sulla salute e sulla vita di adolescenti e giovani adulti. Negli Stati Uniti, le associazioni mediche che si occupano di disordini alimentari non esitano a definirli una vera e propria epidemia che attraversa tutti gli strati sociali e le diverse etnie.

Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disordini alimentari possono diventare una condizione permanente e nei casi gravi portare alla morte, che solitamente avviene per suicidio o per arresto cardiaco. Secondo la American Psychiatric Association, sono la prima causa di morte per malattia mentale nei paesi occidentali. Uno studio pubblicato sulla rivista inglese The Lancet indica che la ricerca sui trattamenti è molto più avanzata nel caso della bulimia nervosa, dove sono stati svolti più di cinquanta studi e trial e una gestione secondo pratiche basate sull’evidenza è possibile. Minore attenzione, invece, si sarebbe dedicata finora a ricerche sui possibili trattamenti di anoressia nervosa e delle altre forme di disordine alimentare.

Anoressia e bulimia sono malattie complesse, determinate da condizioni di disagio psicologico ed emotivo, che quindi richiedono un trattamento sia del problema alimentare in sé che della sua natura psichica. L’obiettivo è quello di portare il paziente, attraverso terapie mirate a modificare i comportamenti e l’attitudine, a adottare soluzioni di gestione dei propri stress emotivi che non siano dannose per la propria salute e a ristabilire un equilibrato comportamento alimentare. Possono manifestarsi in persone di diverse età, sesso, provenienza sociale, ma sono solitamente più comuni in giovani donne in età compresa tra i 15 e i 25 anni.

Da cosa nasce un disordine alimentare?
Al centro del disordine alimentare, che si manifesta come malattia complessa, risultante dall’interazione di molteplici fattori biologici, genetici, ambientali, sociali, psicologici e psichiatrici, c’è comunque da parte del paziente una ossessiva sopravvalutazione dell’importanza della propria forma fisica, del proprio peso e corpo e una necessità di stabilire un controllo su di esso. Tra le ragioni che portano allo sviluppo di comportamenti anoressici e bulimici, si evidenziano, oltre a una componente di familiarità (studi transgenerazionali e sui gemelli hanno dimostrato che i disordini alimentari si manifestano con più probabilità tra i parenti di una persona già malata, soprattutto se si tratta della madre), l’influenza negativa da parte di altri componenti familiari e sociali, la sensazione di essere sottoposti a un eccesso di pressione e di aspettativa, o al contrario di essere fortemente trascurati dai propri genitori, il sentirsi oggetto di derisione per la propria forma fisica o di non poter raggiungere i risultati desiderati per problemi di peso e apparenza. Per alcune persone, si tratta di una tendenza autodistruttiva che le porta ad alterare il proprio comportamento alimentare o ad abusare di alcol o droghe.

L’anoressia e la bulimia però possono anche dipendere dal fatto che l’individuo subisca situazioni particolarmente traumatiche, come ad esempio violenze sessuali, drammi familiari, comportamenti abusivi da parte di familiari o di persone esterne, difficoltà ad essere accettati socialmente e nella propria famiglia. Uno dei motivi per cui una ragazza inizia a sottoporsi a una dieta eccessiva è la necessità di corrispondere a un canone estetico che premia la magrezza, anche nei suoi eccessi. Secondo molti psichiatri, infatti, l’attuale propensione a prediligere un modello di bellezza femminile che esalta la magrezza ha conseguenze devastanti sui comportamenti alimentari di molte adolescenti.

Effetti fisici e psicologici
Gli effetti dei disordini alimentari sono molto pesanti, sia sotto il profilo fisico che quello psicologico. Dal punto di vista fisico, gli effetti della malnutrizione comportano ulcere intestinali e danni permanenti ai tessuti dell’apparato digerente, disidratazione, danneggiamento di gengive e denti, seri danni cardiaci, al fegato e ai reni, problemi al sistema nervoso, con difficoltà di concentrazione e di memorizzazione, danni al sistema osseo, con accresciuta probabilità di fratture e di osteoporosi, blocco della crescita, emorragie interne, ipotermia e ghiandole ingrossate.
Le ripercussioni psicologiche, invece, comportano depressione, basso livello di autostima, senso di vergogna e colpa, difficoltà a mantenere relazioni sociali e familiari, sbalzi di umore, tendenza a comportamenti manichei e maniacali, propensione al perfezionismo.

Sintomi e caratteristiche
I disordini alimentari comprendono numerose condizioni diverse. Le più note e comuni sono anoressia e bulimia nervosa.

Anoressia nervosa
Una persona diventa anoressica quando, riducendo o interrompendo la propria consueta alimentazione, scende sotto l’85% del peso normale per la propria età, sesso e altezza. L’anoressia è conseguente al rifiuto ad assumere cibo, determinato da una intensa paura di acquistare peso o diventare grassi, anche quando si è sottopeso. Spesso, una persona anoressica comincia con l’evitare tutti i cibi ritenuti grassi e a concentrarsi su alimenti ‘sani’ e poco calorici, con una attenzione ossessiva al contenuto calorico e alla composizione dei cibi e alla bilancia. Frequentemente i pasti vengono evitati o consumati con estrema lentezza, rimuginando a lungo su ogni boccone ingerito. Il corpo viene percepito e vissuto in modo alterato, con un eccesso di attenzione alla forma e con il rifiuto frequente ad ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.

Diagnosticare l’anoressia non è sempre semplice in soggetti molto giovani, perché i cambiamenti fisici che accompagnano l’adolescenza e che comportano squilibri di peso e altezza possono mascherarne le prime fasi. Nei bambini, è più comune che l’anoressia si manifesti attraverso altri sintomi, come la nausea e il sentimento di non fame. Nelle ragazze, invece, uno dei sintomi più classici è l’interruzione del ciclo mestruale per almeno tre mesi successivi, sintomo che però non si applica a giovani adolescenti che ancora non abbiano avuto il menarca o, al contrario, alle ragazze che prendono la pillola anticoncezionale.

L’anoressia si manifesta in due modi:
con restrizioni, determinata dalla riduzione costante della quantità di alimenti ingeriti.
con abbuffate e successiva eliminazione: alimentazione compulsiva seguita da vomito autoindotto, uso inappropriato di pillole lassative e diuretiche, iper-attività fisica per perdere peso.
La persona anoressica diventa così ossessionata dal cibo che la propria vita finisce con l’essere totalmente incentrata sulla questione alimentare, impedendo di provare interesse e entusiasmo verso qualsiasi altra cosa.

Bulimia Nervosa
Una persona bulimica si abbuffa in modo molto diverso da quello che avviene quando normalmente si mangia troppo. Le caratteristiche tipiche del comportamento bulimico sono:
ingestione di una quantità eccessiva di cibo, a volte per un totale di diverse migliaia di calorie, in un arco di tempo molto stretto, per esempio nel giro di due ore, e solitamente di nascosto da altri
la sensazione di non poter smettere di mangiare e di non poter controllare il proprio comportamento
l’abbuffata è preceduta e seguita da uno stress emotivo molto forte
Dopo aver mangiato in modo così eccessivo, la persona bulimica generalmente si sente in colpa e tende a punirsi vomitando, ingerendo pillole diuretiche e lassativi con l’intento di dimagrire. Se questo comportamento diventa ripetitivo, ad esempio si manifesta due volte alla settimana per tre mesi, si è di fronte a un chiaro segnale di disordine alimentare. Raramente, i pazienti bulimici non si infliggono alcuna punizione.
A lungo andare, un soggetto bulimico entra in una fase di depressione e di disgusto verso se stesso e cerca di occultare il proprio comportamento agli altri, anche se la propria forma e apparenza fisica finiscono con il diventare una ossessione permanente e con l’avere forti ripercussioni sulla propria autostima. Una persona bulimica può essere di peso normale, sottopeso o sovrappeso, diversamente da una anoressica che è sempre sotto peso. Inoltre, il peso di un soggetto bulimico può variare enormemente e oscillare, fatto che può essere utilizzato come sintomo dell’esistenza di un disordine alimentare.

Oltre all’anoressia e alla bulimia, esiste anche un genere di disordine alimentare non definito. Non tutti i casi sono infatti esattamente descrivibili nell’arco dei sintomi tipici di anoressia e bulimia. Alcuni soggetti, ad esempio, iniziano con una forma di anoressia ma poi, incapaci di mantenere il basso peso, scivolano verso comportamenti bulimici. Secondo l’American Psychiatric Association, la metà dei pazienti anoressici finiscono con l’avere anche sintomi di bulimia, e in qualche caso i pazienti bulimici sviluppano comportamenti anoressici.

Disturbi dell'umore

Depressione ed eventi di vita

Alcune depressioni sono legate a particolari momenti della vita di una persona. Una di queste è la depressione climaterica, che si può verificare nella donna in corrispondenza del periodo della menopausa. C'è poi la depressione da esaurimento, che si presenta in seguito ad un periodo più o meno lungo di sovraccarico emozionale, e la depressione da sradicamento che colpisce le persone che hanno dovuto abbandonare il luogo in cui vivevano a causa, per esempio, di un trasferimento. La depressione nell'anziano invece ha caratteristiche particolari, in quanto la perdita di speranze, le paure per la propria salute e simili trovano un riscontro nella realtà esterna. Ma vediamole nel dettaglio.


Depressione Climaterica
La menopausa è la cessazione del ciclo mestruale. Nella sospensione si rileva la cessazione dell'attività ovarica, modificazioni a livello metabolico e psiconeuroendocrino. La maggior parte delle volte non si tratta di una cessazione improvvisa. È, invece, spesso presente un periodo che viene anche definito come pre-menopausa in cui i cicli diventano irregolari (molto frequenti, o molto diradati) e le mestruazioni stesse differiscono in termini di intensità e durata.

L'aumento dell'età media, il diverso ruolo della donna e altri fattori hanno fatto sì che la donna, una volta cessata l'età riproduttiva, non necessariamente "abbia perso tutto". È altresì vero che come ogni tappa, ogni cambiamento rilevante, anche la menopausa può essere considerata come una crisi fisiologica.

Probabilmente il modo in cui una donna vivrà la menopausa rispecchierà il suo modo abituale di confrontarsi con gli eventi della vita. Sono, tuttavia, in gioco oltre ai fattori culturali, sociali e personali, anche fattori biologici e genetici. La menopausa può essere in donne predisposte un momento in cui spesso si presentano varie malattie psicosomatiche. A livello psichico sono molti i sintomi che compaiono. Si riscontrano spesso inquietudine, aggressività, emotività, malessere, insonnia e ipersonnia, fobie, difficoltà attentive e disturbi sessuali. Ma sicuramente il disturbo più lamentato è la depressione. Anche in questo caso la depressione sarà legata alle caratteristiche di personalità della donna, variando da forme lievi a forme intense, da forme a breve o a lunga durata. In alcuni casi, quando la depressione è accompagnata da sintomi ansiosi, fobici, insoddisfazione sul piano generale e sessuale, si parla di "sindrome esistenziale climaterica".

Depressione da esaurimento
È definita in questo modo una particolare forma di depressione reattiva che si presenta in seguito ad un periodo più o meno lungo di sovraccarico emozionale.
Colpisce frequentemente gli uomini con un carico eccessivo di responsabilità.
La depressione sopravviene quando il sovraccarico non viene più retto e/o tollerato.
I sintomi sono ansia, esplosioni affettive inadeguate e astenia.

Depressione da sradicamento
Si tratta della depressione che colpisce le persone che hanno dovuto abbandonare il luogo in cui vivevano a causa, per esempio, di emigrazioni o trasferimenti. La perdita consiste nell'aver lasciato i luoghi, le persone e le abitudini con cui la persona aveva uno stretto legame.

Depressione nell'anziano
La depressione nell'anziano ha caratteristiche particolari, in quanto i temi di svalutazione, perdita di speranze, inutilità, paure per la propria salute e altro trovano un riscontro nella realtà esterna. La depressione nell'anziano si presenta spesso sotto forme più regressive e paranoiche. La persona anziana mostra spesso ansia, irritabilità, deliri e allucinazioni, agitazione psicomotoria.

È inoltre importante prendere in considerazione depressioni di origine organica o sintomatica, prodotte da squilibri metabolici (ipo e iper-tiroidismo, ipo o iper-surrenalismo corticale), da fattori infettivi o tossici.

Ansia, depressione e solitudine

Autore: Dott.ssa Maura Santandrea

Ansia, Depressione, Solitudine diventano condizioni esistenziali sempre più diffuse tra i giovani nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 40 anni.

ANSIA e DEPRESSIONE: IL CONTESTO

Questo fenomeno, in crescente aumento, dipende da molteplici fattori che interessano prevalentemente la sfera lavorativa e affettiva. In questa fascia d’età, la stabilità nell’ambito professionale e sentimentale rappresenta un prerequisito importante per raggiungere quella maturità ed autonomia che ci permettono di fare delle scelte importanti e di dare una direzione ben precisa alla nostra vita.

Per alcuni risulta essere molto frustrante l’impossibilità di accedere ad un’occupazione lavorativa che garantisca un’autonomia economica; per altri è avvilente e demoralizzante ricoprire un posto di lavoro non adeguato ai propri titoli e alle proprie capacità. Altri ancora, nonostante abbiano la possibilità di lavorare o di studiare, non riescono a intrattenere legami affettivi e sentimentali significativi, oppure vivono una situazione di isolamento sociale. In alcuni casi, due o più delle condizioni descritte sopra, coesistono.


FALLIMENTO PERSONALE PERCEPITO

Questo status psicologico e sociale spesso conduce ad un ritardo nello svincolo dalla famiglia d’origine, dalla quale risulta difficile differenziarsi e aumenta la sensazione di inefficacia, il senso di impotenza, di insoddisfazione e di fallimento nella crescita personale. Tra i molti giovani alle prese con questa nuova condizione psicologica e sociale, alcuni possono contare sul sostegno affettivo ed economico dei propri cari mentre altri non hanno validi punti di riferimento affettivo.

Il fattore che accomuna le persone coinvolte da questo malessere psico-sociale e che risulta essere più destabilizzante per loro, è la percezione di non riuscire a realizzarsi come persona, la sensazione di vivere uno stato di immobilità e ristagno nel quale sono sempre più risucchiate, fino a rassegnarsi e sperimentare questo stallo come uno stile di vita che si sostituisce progressivamente alle proprie ambizioni, alla speranze, alle aspettative su se stessi e sulle proprie capacità.
È molto frequente che persone anche molto giovani, in queste circostanze, incorrano in disturbi d’ansia o stati depressivi che rinforzano ulteriormente la consapevolezza del proprio insuccesso, come in un circolo vizioso.

DISTURBI D’ANSIA

I disturbi che maggiormente accompagnano questo tipo di disagio, sono prevalentemente i disturbi d’ansia.

Prima di tutto è bene ricordare che l’ANSIA non è sempre un fenomeno distruttivo. L’ansia rappresenta un’emozione di base che ha una funzione primaria nell’evoluzione dell’uomo in quanto comporta uno stato di attivazione neurovegetativa e vigilanza (arousal) funzionale alla sopravvivenza.

Questa componente emozionale si attiva ogni qualvolta una situazione viene percepita come soggettivamente pericolosa. In questi casi, le reazioni animali più comuni sono l’immobilità, la fuga, l’attacco o la ricerca di prossimità con una figura che reputiamo protettiva.
Se il nostro organismo non fosse in grado di sperimentare l’ansia, non riuscirebbe ad individuare il pericolo e a reagire ad esso. In queste circostanze si tratta di ANSIA FISIOLOGICA .
Essa diventa invece ANSIA PATOLOGICA quando persiste in assenza di stimoli potenzialmente pericolosi e comporta una preoccupazione immotivata.

Nella vita di tutti i giorni, alcune persone potrebbero manifestare una forma di ansia eccessiva di fronte a situazioni che, fino a qualche settimana prima, non sortivano alcuna agitazione e che, improvvisamente, diventano fattori ansiogeni. Altre persone potrebbero reagire in modo ansioso di fronte all’assunzione di responsabilità che, in quel momento, non riescono a sostenere, per esempio in campo lavorativo o affettivo.

A volte la sorpresa nello scoprire di essere meno forti o determinati di quanto si pensava, può disorientare, confondere e minare la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, soprattutto se non se ne conoscono le cause. Spesso questa situazione è accompagnata dalla fantasia di aver deluso noi stessi, le persone che credevano in noi e disatteso le aspettative: questa percezione è tanto più dolorosa quanto più noi siamo abituati a vederci come delle persone capaci, disciplinate, perfezioniste.

La certezza del proprio valore si sgretola giorno dopo giorno, lasciando un profondo malessere di cui non si capisce bene l’origine e, questa ulteriore incertezza, contribuisce ad alimentare la sensazione che stiamo perdendo il controllo sulla nostra vita e il potere di darle una direzione. L’ansia che, nel nostro passato, era utile ad affrontare le sfide quotidiane, gradualmente si trasforma in un nemico che inibisce la nostra efficienza personale e sociale.

All’interno di questo contesto, il DISTURBO D’ANSIA compare quando l’individuo è pervaso da una preoccupazione esagerata nei confronti della propria capacità di attivazione che viene considerata rovinosa e inaccettabile e diventa essa stessa un pericolo a cui reagire.

In questi casi la reazione d’allarme è sproporzionata e irragionevole ed è alimentata dall’idea di fondo di non essere in grado di sostenere la situazione, di non averne il controllo e quindi andare incontro alla sicurezza di un insuccesso.

giovedì 14 aprile 2011

ANORESSIA



Una persona è affetta da Anoressia Nervosa se manifesta tutte e quattro le seguenti caratteristiche:
- Perdita di peso rilevante (più del 15% del peso considerato normale per età, sesso e altezza)
- Paura intensa di ingrassare anche quando si è in sottopeso
- Alterazione nel modo di vivere il peso, la taglia e le forme corporee.
- Scomparsa delle mestruazioni (nelle donne assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi)

La caratteristica principale dell'anoressia nervosa è il rifiuto del cibo, ma chi soffre di tale disturbo ha sempre una intensa fame e appetito. Il rifiuto di mangiare nasce dalla forte paura di ingrassare e dalla necessità di controllare l'alimentazione. Per evitare di ingrassare chi soffre di anoressia nervosa mette in atto una serie di comportamenti tipici del disturbo quali seguire una dieta ferrea, fare esercizio fisico in maniera eccessiva, indursi il vomito dopo aver mangiato anche piccole quantità di cibo.
Si distinguono due forme di anoressia nervosa: l'anoressia restrittiva, forma in cui il dimagrimento è causato dal digiuno e dall'intensa attività fisica, e l'anoressia con bulimia, forma in cui la persona mette in atto comportamenti che insieme al digiuno servono a diminuire il peso corporeo (abuso di lassativi e/o diuretici, vomito).
La percezione ed il valore attribuiti all'aspetto fisico ed al peso corporeo risultano distorti in questi soggetti. Alcuni si sentono grassi in riferimento alla totalità del loro corpo, altri pur ammettendo la propria magrezza, percepiscono come "troppo grasse" alcune parti del corpo, in genere l'addome, i glutei, le cosce.
Possono adottare le tecniche più disparate per valutare dimensioni e peso corporei, come pesarsi di continuo, misurarsi ossessivamente con il metro, o controllare allo specchio le parti percepite come "grasse". Nei soggetti con anoressia nervosa i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo. La perdita di peso viene considerata come una straordinaria conquista ed un segno di ferrea autodisciplina, mentre l'incremento ponderale viene esperito come una inaccettabile perdita delle capacità di controllo.
Sebbene alcuni possano rendersi conto della propria magrezza, tipicamente i soggetti con questo disturbo negano le gravi conseguenze sul piano della salute fisica del loro stato di emaciazione.

Molti segni e sintomi dell'Anoressia Nervosa sono connessi alla estrema denutrizione. Oltre all'amenorrea, i soggetti possono lamentare stipsi, dolori addominali, intolleranza al freddo, letargia o eccesso di energia. Possono essere presenti marcata ipotensione, ipotermia e secchezza della cute. Alcuni individui sviluppano "lanugo", una fine e soffice peluria, sul tronco.
Molti soggetti con anoressia nervosa presentano bradicardia, alcuni hanno edemi periferici, più frequenti al momento del recupero del peso o alla sospensione dell'assunzione di lassativi e diuretici. Raramente petecchie alle estremità possono indicare una diatesi emorragica. In alcuni si evidenzia una colorazione gialla della cute associata ad ipercarotenemia. Può essere presente ipertrofia delle ghiandole salivari, principalmente delle parotidi. I soggetti che si dedicano alla pratica del vomito autoindotto possono manifestare erosioni dello smalto dentale, e cicatrici o callosità sul dorso delle mani, provocate dallo sfregamento contro l'arcata dentaria nel tentativo di provocare il vomito.
La diffusione dell'anoressia nervosa sembra essere di gran lunga maggiore nei paesi industrializzati, dove vi è abbondanza di cibo, ed in cui, specialmente per il sesso femminile, è enfatizzato il valore della magrezza. Questo disturbo sembra essere di comune riscontro negli Stati Uniti d'America, Canada, Europa, Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Sud Africa, per quanto non vi siano dati certi per quanto riguarda le altre culture.
L'anoressia nervosa raramente insorge prima della pubertà, ma sembra comunque che, nei casi ad esordio in epoca prepuberale, il quadro clinico sia più grave per i disturbi mentali associati. I dati disponibili evidenziano come la prognosi sia migliore quando il disturbo si manifesta nella prima adolescenza (tra i 13 ed i 18 anni). Più del 90% dei casi di anoressia nervosa si sviluppano nel sesso femminile.
Il disturbo si presenta raramente in donne oltre i 40 anni. Spesso è presente un evento della vita stressante, come lasciare casa per trasferirsi all'università, in collegamento con l'esordio del disturbo. L'evoluzione e gli esiti dell'anoressia nervosa sono estremamente variabili; in alcuni casi, ad un episodio di anoressia nervosa fa seguito una completa remissione; in altri, fasi di remissione, con recupero del peso corporeo, si alternano a fasi di riacutizzazione. Altri ancora presentano un'evoluzione cronica, con progressivo deterioramento nel corso degli anni. Può rendersi necessario il ricovero in ambiente ospedaliero per il ripristino del peso corporeo o la correzione di squilibri elettrolitici. Tra i soggetti ricoverati presso strutture universitarie, la mortalità a lungo termine per anoressia nervosa è maggiore del 10%. Il decesso si verifica in genere in rapporto alla denutrizione, agli squilibri elettrolitici, a suicidio.

La terapia dell’anoressia nervosa andrebbe condotta idealmente a livello ambulatoriale, ma questa condizione non sempre è possibile ed è indicata solo per le pazienti che presentano una perdita di peso non allarmante (inferiore al 25%), assenza di complicazioni mediche, di amenorea, motivazione al cambiamento, presenza di un ambiente familiare favorevole.
Il trattamento ambulatoriale può comunque essere tentato, ma se dopo un periodo di 12-16 settimane non si verifica nessun miglioramento si raccomanda l’ospedalizzazione per evitare la cronicizzazione del disturbo.
L’intervento ospedaliero dell’anoressia nervosa si pone due obiettivi generali:
stabilizzare le condizioni mediche-psichiatriche per gestire le complicanze acute del disturbo (amenorrea, ecc.).
Iniziare o continuare un percorso di cura finalizzato all’interruzione dei fattori di sviluppo e mantenimento del disturbo.
Il trattamento dovrebbe essere effettuato da una equipe multidisciplinare, composta da medici (con competenze internistiche e psichiatriche), psicologi-psicoterapeuti, dietisti e personale infermieristico. Il ricovero in strutture ospedaliere di riabilitazione intensiva ha una lunga durata (90 giorni).
La terapia cognitivo-comportamentale dell’anoressia nervosa punta a cercare di modificare l’idea che il peso e le forme corporee costituiscono l’unico o il principale fattore in base al quale calcolare il proprio valore personale.
Il trattamento prevede tre fasi per una durata complessiva di almeno un anno. La prima fase è finalizzata a normalizzare il peso e abbandonare i comportamenti di controllo del peso; la seconda fase a migliorare l’immagine corporea, la valutazione di sé e i rapporti interpersonali; la terza a terminare la terapia e prevenire le ricadute.
Il programma cognitivo-comportamentale prevede la collaborazione di più figure professionali (medici, psicologi-psicoterapeuti, dietisti) che aderiscono tutti al medesimo modello teorico.
Nonostante le impressionanti modificazioni biologiche e psicologiche che si verificano nell’anoressia nervosa, gli studi farmacologici sono scarsi e non dimostrano un benefico effetto dei farmaci sul disturbo: il loro utilizzo non dipende dalla diagnosi, ma dalla presenza di eventuali altri caratteristiche cliniche.
L ‘approccio più ragionevole è quello di non utilizzare alcun farmaco nella fase acuta di perdita di peso, perché spesso i sintomi depressivi e ossessivi-compulsivi si riducono con l’aumento ponderale. Se tuttavia, dopo il raggiungimento di un adeguato peso corporeo, la depressione permane, può essere utile l’uso di antidepressivi, in particolare della fluoxetina, che , oltre a presentare minori effetti collaterali rispetto ai triciclici, sembra poter prevenire una eventuale ricaduta. Occasionalmente si possono utilizzare degli ansiolitici, le benzodiazepine, assunti prima dei pasti: la loro utilità sembra però limitata. L’uso degli antipsicotici è riservato solo alle pazienti più difficili e refrattarie.

TRATTO DA http://www.ipsico.org/achirivolgersi.htm

ARTE E PSICANALISI


Dal disagio all'itinerario intellettuale , Dissidenza e Arte
La Psicanalisi


La scoperta della «rimozione»


• Sigmund Freud (1856-1939), dopo la laurea in medicina - conseguita a Vienna nel 1881 -, studia per un breve periodo anatomia cerebrale. Successivamente si dedica allo studio delle malattie nervose, prima con Charcor a Parigi e poi con Bernheim a Nancy. Tornato a Vienna, Freud nel 1895 pubblica insieme o Josef Breuer gli Studi sull'isterismo, dove si sostiene che il soggetto isterico, in stato ipnotico, riesce a tornare all'origine del trauma, illumina quei punti oscuri che durante la sua vita hanno generato la malattia e che sono nascosti nel profondo; è così che egli afferra la causa del male e che, in una sorta di catarsi, si libera del male. Esattamente da questi studi ha inizio la psicoanalisi.

• L'ipnotismo svela delle forze e fa intravedere un mondo nel quale Freud immette le sue sonde intellettuali. «quale poteva essere la ragione - si chiede Freud - per la quale i pazienti avevano dimenticato tanti 616j95g fatti della loro vita interiore ed esteriore e potevano invece ricordarli, quando si applicava loro la tecnica sopra descritta?» L'osservazione dei malati trattati dava una risposta a siffatto interrogativo: «Tutte le cose dimenticate avevano avuto, per un qualche motivo, un carattere penoso per il soggetto, in quanto erano state considerate temibili, dolorose, vergognose per le aspirazioni della sua personalità». E «per rendere di nuovo cosciente ciò che era stato dimenticato, era necessario vincere nel paziente una resistenza mediante una continua opera di esortazione e di incoraggiamento». Più tardi, Freud si accorgerà che tale resistenza dovrà essere vinta diversamente (attraverso la tecnica della «associazione libera»), ma intanto era sorta la teoria della rimozione. In ogni essere umano operano tendenze, forze o pulsioni che spesso entrano in conflitto.

• La nevrosi si ha quando l'Io cosciente blocca l'impulso e ad esso nega l'accesso «alla coscienza e alla scarica diretta»: una resistenza «rimuove» l'impulso nella parte «inconscia» della psiche.
L'inconscio


• Con la scoperta delle rimozioni patogene e di altri fenomeni di cui si parlerà fra poco, «la psicoanalisi (...) si vede costretta (...) a prendere sul serio il concetto dell'inconscio». È l'inconscio che parla e si manifesta nella nevrosi. Ma c'è di più, giacché, per Freud, l'inconscio è lo «psichico» stesso e la sua realtà essenziale. In questo modo Freud rovesciava l'ormai inveterata e venerabile concezione che identificava «cosciente» e «psichico». Ma sia la precedente pratica ipnotica, sia gli studi sull'isterismo, sia la successiva scoperta della rimozione, sia le indagini che Freud veniva compiendo sulla genesi dei disturbi psichici e delle altre manifestazioni «non ragionevoli» della vita delle persone lo convinsero sempre di più della realtà corposa e determinante dell'inconscio. È l'inconscio che sta dietro le nostre libere fantasie; è esso che genera le nostre dimenticanze, che cancella dalla nostra coscienza nomi, persone, eventi. Come mai volevamo dire una cosa e ce ne esce un'altra? Come mai intendevamo scrivere una parola e ne scriviamo un'altra ? Dove troviamo la causa di questi atti mancati, cioè dei nostri lapsus? Non sorgono forse essi «dalla contrapposizione di due diverse intenzioni», di cui una, quella inconscia appunto, è «più forte di noi»? È in Psicopatologia della vita quotidiana (1901) e successivamente con Il motto di spirito e i suoi rapporti con l'inconscio (1905) che Freud offre analisi brillanti (spesso, però, considerate dai critici molto discutibili) di un fascio di fenomeni (lapsus, sbadataggini, associazioni immediate di idee, errori di stampa, smarrimento o rottura di oggetti, motti di spirito, amnesie, ecc.) mai presi sul serio dalla «scienza esatta», e dietro ai quali Freud mostra l'azione indefessa di contenuti che la rimozione ha respinto dalla coscienza e occultato nell'inconscio senza però essere riuscita a renderli inattivi.

L'idea di «libido»
A questo punto una domanda diventa inevitabile: per quali ragioni certe pulsioni vengono respinte, come mai certi ricordi sono a disposizione della coscienza, mentre altri possono essere, almeno in apparenza, sottratti ad essa e rimossi nell'inconscio? La ragione di ciò - risponde Freud - è da trovare nel fatto che si tratta di pulsioni e di desideri in palese contrasto con i valori e le esigenze etiche proclamate e ritenute valide dall'individuo cosciente. Per cui, quando c'è incompatibilità tra l'io cosciente (i suoi valori, i suoi ideali, i suoi punti di riferimento, ecc.) e certe pulsioni e certi desideri, allora entra in azione una sorta di «repressione» che strappa queste cose «vergognose» e «indicibili» alla coscienza e le trascina nell'inconscio, da dove uno continua la censura cerca di non farli riaffiorare allo vita cosciente.
E rimozione e censura entrano in azione, per il fatto che «debbono» agire su desideri e ricordi di natura principalmente e ampiamente sessuale e quindi su cose vergognose, da non dire e cancellare. Freud riconduce la vita dell'uomo ad una originaria libido, cioè ad una energia connessa principalmente al desiderio sessuale: «analoga alla fame in generale, la libido designa la forza con la quale si manifesta l'istinto sessuale, come la fame designa la forza con la quale si manifesta l'istinto di assorbimento del nutrimento». Ma mentre desideri come la fame o la sete non sono «peccaminosi» e non vengono rimossi, le pulsioni sessuali vengono rimosse, per poi riapparire nei sogni e nelle nevrosi. «La prima scoperta alla quale ci conduce la psicoanalisi è che, regolarmente, i sintomi morbosi sono legati alla vita amorosa del malato; questa scoperta (...) ci obbliga a considerare i disturbi della vita sessuale come una delle cause più importante della malattia.» I malati non si accorgono di questo, ma ciò accade perché «essi portano un pesante mantello di menzogne per coprirsi, come se ci fosse cattivo tempo nel mondo della sessualità». Sessualità repressa che esplode in malattia o ritorna in parecchi sogni. È analizzando questi sogni che Freud scopre la sessualità infantile. Sono i sogni degli adulti che, infatti, rimandano di frequente a desideri inesauditi, desideri inappagati della vita sessuale infantile.
Psicanalisi e Arte

Arte e Psicanalisi, per parlare di una connessione fra arte e psicanalisi incomincerò a darvi un’idea più specifica dei termini stessi.

Arte, deriva dal latino are, che significa “ il giusto e ordinato fare ” .

Deduco quindi che l’idea originaria da cui è nativo tale termine dica di uno studio dell’ordine e della tecnica stessa.

Si conoscono oltre all’arte grafica anche altre tipologie di arte di tipo pratico, meccanico, commerciale, letterario, della conoscenza, dell’impresa (intesa come produzione pragmatica), e ancora della guerra (del combattimento e della strategia), dell’agire e del creare in genere.

Dopo avere trattato di tali forme, vorrei concentrare l’attenzione su come si possa collegare questo grande mondo a quello sconfinato della psiche e più specificatamente alla psicanalisi.

Vi accorgerete, durante l’itinerario una più chiara e netta unione tra queste due discipline.
Dunque l’arte grafica, pittorica, di stampa, di scultura, d’immagine (video e cinema), teatrale, hanno come comune mezzo di comunicazione ciò che ha a che fare con lo sguardo con l’ascolto.

L’osservatore grazie a forme, colori, movimenti, associazioni, dissociazioni, forti provocazioni si lascia coinvolgere visioni, emozioni e sentimenti dell’autore.

L’Arte così detta “ visiva “ racchiude in se un numero grandissimo di discipline a partire dall’artigianato inventivo fino al video digitale.

L’Arte è ciò che l’uomo usa come suo mezzo più fortemente rappresentativo sia delle cose più comuni, e dello specifico e del proprio intimo.

Incomincio osservando la figura dell’artista secondo il luogo comune, per il quale egli è rappresentato e rappresentato come un uomo ambiguo, che racchiude in se la novità, l’inaspettato, la follia, la frenesia, la velocità, il genio, la trasgressione.

È sotto questo sguardo mistico che l’artista stravagante viene visto come una sorta di mago, di sciamano . Come per i popoli più antichi egli era un uomo, un mistero, una risposta, una magia quasi divina .

Chi non ha mai provato una sensazione d’infinito di perfezione idealizzata, di genuinità quasi divina osservando un’opera d’arte, qualcosa che sconfina oltre la vista dell’orizzonte che ci fa trovare soli in un universo così grande d’emozioni ? Certo, l’arte è provocatoria e porta con se l’uomo che l’ha creata e tutta la sua specificità . Per questo è unica e inimitabile .

Ma da dove deriva questa grande magia dell’arte ? sarà forse un vero mago l’artista? O un bravo illusionista ciarlatano ?

Nessuno dei due .

L’arte come rappresentazione può indurre nello specifico dell’osservatore una provocazione.

Quello che voglio dire è che un’opera può ispirare più emozioni di un’altra .

Quindi per un attimo dell’esplorazione vorrei soffermarmi nello specifico, lo specifico appunto come grande interesse della nuova scienza contro la mania generalizzante del luogo comune.

È appunto grazie alla ricerca interiore che si possono capire le situazioni esterne che ci colpiscono di più .

Ma come mai questo accade ? perché non si è tutti uguali davanti ad un’opera d’arte ?

L’inconscio, diceva Sigmund Freud un secolo fa, così sconosciuto porta l’uomo davanti a tante porte .

Molte volte questioni emergenti dell’artista, racchiuse nel suo inconscio, esposte in un quadro colpiscono appunto l’osservatore che per un dispositivo, non sempre consapevole, condivide o reagisce davanti a tali provocazioni .

Idee, fantasie, fantasmi, paure, alienazioni, terrore, amore, convinzione, idealizzazione, sono parole, solo parole, di cui molte opere raccontano l’esistenza.

Perché pensa che questa forte rappresentazione riguardi solo l’arte ? Perché ?

Perché proprio nell’arte e non anche nell’economia avara di Wall Street ?

Penso che comunque l’arte nell’uomo nasca da un bisogno quasi istintivo, che va a ricoprire quasi tutte le azioni di una vita, a partire dalle più piccole, dalle più scontate.

Come ogni uomo è specifico e diverso dall’altro così ogni sua azione sarà originale, in relazione a se stesso e i vari momenti del suo itinerario, della sua ricerca, ogni suo momento è unico e irripetibile.

Quindi l’arte come tale non sarà mai occasione di “noia” non ci sarà mai ripetizione, ma continua invenzione.

L’arte, secondo me, ha così condotto l’uomo fino ad oggi. Le grandi scoperte dell’uomo, partite dalle grotte primordiali e passate per le mani con pennino di Galileo, di Leonardo e Michelangelo e arrivate fino ad oggi con i nostri più moderni luminari che si esprimono a suon di “click” di mouse.

L’arte e la vita, è la grande ricerca intellettuale e culturale. L’arte è appunto tecnica, ordine, precisione e soprattutto invenzione, ricerca innovazione brillantezza e novità.

L’arte introduce l’equivoco inaspettato, l’apertura per nuove esplorazioni ed elaborazioni.

Vedo appunto tale spinta anche nel lavoro intellettuale promosso dalla Psicanalisi e dalla Cifrematica in tutta Europa che sgorga nel bel mezzo dei nostri tempi, il Secondo Rinascimento appunto.

L’Arte


L’arte , l’arte è nata nelle grotte ancora tra i cavernicoli.

L’arte come espressione , come denuncia , come sentimento.

Ancora oggi l’arte è identificata come pura dissidenza intellettuale.

L’artista molte volte scambiato per stravagante porta l’arte con se con il suo modo di fare con i suoi costumi particolari e la sua vita.
L’artista, come creatore , come ideatore , come genio portato “dall’ ispirazione” pulsionale.

Sembra quasi che l’artista moderno (dal 1900 in poi) porti con se la trasgressione in tutto ciò che fa.

Ma l’artista per essere tale deve per forza trasgredire la morale ?

Per molti si! Dove l’artista senza droga o trasgressione delle regole non è tale.

Ma qui c’è una confusione! L’artista non è trasgressione perché diverso o cosa.

L’artista è colui che porta attraverso l’arte i suoi più segreti sentimenti .

Come anche la tecnica, la tecnica non è altro che esperienza artigianale, quando mai un’artista viene accusato di non saper disegnare?

Difatti l’artista non ha bisogno di tecnica (a meno che non serva strettamente alla riuscita dell’opera) , perché l’arte non è tecnica è pensiero libero tra il colore e l’espressione!

L’arte come evoluzione , dove attraverso l’arte un popolo porta avanti la sua società dimostrando con le sue più grandi opere (non solo architettoniche) la sua più grande forza intellettuale .

L’intellettuale e la cultura non sono separate dall’arte ma ne fanno parte.

Per cui chi produce ciò che è invenzione , ciò che è denuncia , in modo interessante (ovviamente attraverso un percorso intellettuale) è appunto il nostro artista , che non per forza deve avere il pennello e la tavolozza in mano.

Ma anche una semplice penna!

L’arte, secondo me, è accrescimento , è studio , è ricerca , è novità!

L’arte non può morire ; l’arte è facente parte dell’uomo in continua evoluzione , dell’uomo alla ricerca ,

dell’intellettuale.

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